Vi siete mai chiesti perché si dice “ma che pizza che sei?”
Ve lo diciamo noi: questo detto popolare deriva dal fatto che la pizza spesse volte ci risulta pesante e difficile da digerire, ecco svelato il motivo.
A chi di voi non è mai capitato di mangiare una pizza e qualche ora dopo avvertire un senso di gonfiore, pesantezza e soprattutto tanta voglia di acqua?
Sicuramente è capitato a tutti almeno una volta, ma è sbagliato associare questi sintomi a “effetti collaterali” della pizza come alimento in sé.
Questo perché se la pizza è preparata nel modo corretto non dovrebbe provocare alcun tipo di disagio!
Al contrario di quanto si possa pensare, questi “piccoli” inconvenienti non derivano esclusivamente da una lievitazione troppo breve, ma da una maturazione insufficiente o da una scarsa qualità degli ingredienti utilizzati.
Facciamo una distinzione tra lievitazione, in cui l’impasto aumenta di volume grazie all’azione del lievito che trasforma gli zuccheri e libera l’acqua e l’anidride carbonica; e la maturazione, in cui gli enzimi presenti nella farina e l’acqua scompongono gli amidi e il glutine.
La lievitazione avviene di solito in tempi rapidi, è la maturazione ottimale che invece dipende da diversi fattori: farina, temperatura dell’ambiente e tempo di lievitazione.
A seconda del tipo di farina utilizzata quindi si dovrà gestire diversamente il tempo di maturazione.
Con farine forti la durata si allunga e di conseguenza è necessario rallentare la lievitazione e favorire i processi di scomposizione dell’amido, mantenendo l’impasto a basse temperature per un periodo da 24 a 72 ore.
Se si utilizza una farina più debole invece possono bastare 8-10 ore di maturazione a temperatura ambiente.
Se la maturazione quindi viene effettuata in modo corretto la pizza sarà sicuramente più digeribile e gustosa senza la necessità di dover aggiungere sale che serve a sopperire all’insufficiente maturazione e che causa quindi la sete.