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Trasmissione Report: effetti collaterali sulla pizza

A distanza di un mese incominciano a vedersi gli effetti dell’inchiesta “Non bruciamoci la pizza” della trasmissione Report del 5 ottobre, che ha lanciato l’allarme sugli ingredienti, sulle attrezzature utilizzate e sulla cottura della famosa pizza italiana. La trasmissione ha mostrato una realtà critica e poco gradevole della pizza mostrando lacune dei pizzaioli sulla conoscenza delle farine, imprecisioni sulla pulizia del forno a legna e dei residui di farina bruciata, l’uso, ormai vietato dalla legge, della famosa ampolla d’olio e la questione dell’olio di palma, di semi e d’oliva, gli effetti cancerogeni delle parti bruciate e le difficoltà di digerire la pizza. Il dibattito era iniziato già nel corso della trasmissione sui principali social network e siti web con discussioni che, da un lato rivendicavano uno dei simboli del nostro Paese, dall’altro ponevano molte domande sulla realtà dei fatti, non dimenticando le preoccupazioni legate alla salute. Sono scesi in campo numerosi esperti del settore alimentare e tossicologico per spiegare i pro e i contro dell’inchiesta di Report, anche numerosi pizzaioli hanno dato voce esponendo le loro ragioni sulla qualità della pizza. Ancora oggi riceviamo domande e quesiti sul tema pizza legato all’indagine, da ciò comprendiamo che la bomba mediatica di Report ha suscitato parecchio scompiglio e non si è ancora spenta.

 

Tutto questo subbuglio ha fatto luce su importanti normative e ha ricordato alle istituzioni, ai pizzaioli e al cliente finale che esistono delle leggi in materia di igiene e tutela del consumatore che vanno rispettate e che guardando la trasmissione sembravano non esistere, si pensi all’ampolla con all’interno un olio anonimo e di dubbia qualità, si pensi agli strumenti per pulire il forno e agli ingredienti poco italiani. Alcuni proprietari di attività e pizzaioli, grazie alla trasmissione, si sono adeguati alle normative e stanno migliorando il loro servizio al cliente finale grazie, per esempio, all’uso di pale con i buchi per scaricare la farina in eccesso dalla pizza prima di inserirla nel forno, spazzoloni e panni umidi per togliere la farina bruciata rimasta dopo la cottura della pizza, maggiore attenzione ai fumi di cottura in ambienti chiusi e l’uso di olio etichettato e confezionato. Dall’inchiesta si evince, inoltre, la disinformazione dei pizzaioli sui capisaldi della pizza, come la conoscenza sui vari tipi di farina e sui processi per i diversi impasti. La conoscenza su come preparare la pizza è essenziale per un pizzaiolo, molti di essi hanno dunque ritenuto necessario migliorare e apprendere nuove nozioni attraverso corsi base e di specializzazione, che permettono loro di preparare una pizza sana e digeribile da proporre al cliente finale.

 

La trasmissione ha avuto un forte impatto nel mondo della pizza, ma al momento registriamo che gli effetti sono stati molto positivi e ne siamo molto lieti: la pizza è un nostro patrimonio culturale e gastronomico da difendere a tutti i costi.